Emozione astratta.

Alla metà degli anni Sessanta il desiderio di una sempre maggiore libertà formale tradurrà il procedere di Silvana Weiller in nuovi cromatismi, franti in luminosità variegate dove le sperimentazioni sulla luce si fanno sempre più evidenti traendo spunto dalle iridescenze di Balla, di Marc o dai lavori di Robert e Sonia Delanay e denotando un forte interesse per un registro di respiro internazionale.

La produzione si attesta ora nettamente su una raffigurazione oggettuale che perde totalmente il suo valore formale e viene scomposta sino a raggiungere una levità raffinata ed elegante fatta di sottili giochi di trasparenze adamantine. Il mondo esterno viene analizzato con scientifica attenzione mai però dimentica del gesto elegante e raffinato che resterà caratteristica fondamentale.

Importante in questi anni risulta la scelta monocromatica e della dimensione del supporto pittorico, che d’ora in poi sarà sempre rigorosamente quadrata (80x80), testimonianze entrambe di una spiritualizzazione del gesto e della materia.

Sottili segni materici, esenti da coinvolgimenti figurali, rigano la tela, quasi tramature evanescenti e chiaroscurali e richiamano spazi infiniti. La dimensione onirica si è ripiegata in sé stessa alla ricerca di una sempre urgente emozionalità interiore mentre l’uso del monocolore esalta la luminosità attraverso una tecnica raffinata dai tratti di inedita consapevolezza. Le controllate superfici pittoriche, l’estrema elementarità, la rigorosa monocromia svelano l’approccio a un grado zero per giungere alle condizioni primarie di un fare artistico.

L’approdo all’ astrattismo, frutto di una lunga stagione di trasformazioni e di interiorizzazione, ha spogliato progressivamente la rappresentazione dai riferimenti della realtà esterna, mantenendo e purificando quelli depositati nella memoria e ridestati dall’emozione.

Con gli anni la semplificazione monocromatica si evolverà in una tipologia di studio, quello “materico”, volto alla valorizzazione e sensibilizzazione della superficie pittorica, ottenuta variando distribuzione, spessore e addensamento della granulosità dell’impasto. Sarà una ricerca tesa ad un comporre nuovo, più dinamico che sottolinea il superamento delle configurazioni geometrizzanti

La materia traduce la realtà oggettuale in grumi densi di colore vivo coinvolgendo l’interesse per la macchia cromatica e per il gioco di luce in condizioni di articolata spazialità mossa da grumi e scabrosità di una pastosità uniformemente distribuita sulla tela. Esprimendosi con la sola modellazione della materia, pulsante e corposa, l’artista sarà in grado di dare vita ad un coinvolgente ritmo creativo che pervaderà l’intera superficie testimoniando freschezza, continuità e ricchezza.

Siamo di fronte ad una struttura primordiale, una coagulazione di materia animata che da nucleo germinale, e secondo un percorso che ora si allenta e ora accelera, arricchendosi di condensazioni, increspature e dilatazioni dispiega al massimo il suo contenuto espressivo.

L’artista impasta, manipola, forgia con foga, ma soprattutto con lucida vitalità, per dare corpo a racconti di sensibilità carica di significato. Permane un dialogo aspro e denso, senza concessioni a delicatezze, con le profondità di un’intimità dove si accumulano “detriti di vita breve”.

Nell’ultimo decennio del 1900, tornerà a meditazioni cromatiche analizzate mediante un fare di drammaticità più pacata in cui il desiderio di libertà formale viene stemperato in nebulose evanescenti mentre la creatività degli ultimi anni trova risoluzione nella lucentezza del bianco totale. La scabrosità della matericità segnica degli anni precedenti si è dissolta in un chiarore brillante e magico che evidenzia un linguaggio stringato ma sempre elegantemente raffinato. Un linguaggio dalle pregnanti connotazioni poetiche che trova mezzo espressivo anche nell’enunciato artistico.

Anche ma non solo.

Parola e gesto pittorico, sono infatti compagini di un medesimo dire che l’artista ha saputo contemporaneamente sviluppare negli anni, legandole ed intrecciandole fortemente, come fulcro indissolubile della sua esistenza, di intellettuale e di artista.


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